fonti geostoriche
applicate

Coordinatore

Elena Dai Prà

Università di Trento

Da anni la comunità scientifica internazionale riconosce le molteplici valenze applicative della geografia storica ed il suo ruolo di mediazione per l’agire territoriale etico e sostenibile in un’ottica di applied geography. La complessità relazionale dei territori contemporanei e lo spessore diacronico rintracciabile in essi, frutto di secolari processi di territorializzazione, deterritorializzazione e riterritorializzazione, implicano infatti necessariamente un recupero dell’operatività della storia nelle scelte pianificatorie e nei processi decisionali, come ci insegna Massimo Quaini. Questo modello adotta le fonti geo-storiche come strumenti privilegiati di indagine filologica ed analitica per promuovere un governo illuminato del patrimonio paesaggistico e delle risorse territoriali in quanto tali fonti fungono da propedeutiche conoscitive “verticali” in grado di restituire la complessità delle dinamiche evolutive dei territori.

Per questo nel 2019 il CISGE ha ritenuto opportuno attivare al suo interno una sezione specificatamente dedicata alla ricerca geo-storica applicata a servizio della pianificazione territoriale.

La fragilità dei paesaggi rurali italiani ha portato, infatti, allo sviluppo di una specifica domanda di “geografia storica applicata” per sviluppare nuove pratiche di documentazione e promuovere nuove prospettive di gestione.

Nel lontano 1981 Paola Sereno aveva già ben chiara la stretta connessione e l’osmosi tra obiettivi teorici e obiettivi applicativi della disciplina, mentre nel 2003 in un noto manuale di Geografia statunitense si individuavano alcuni campi di applicazione e azione possibili della geografia storica.

Tra le varie tipologie di fonti geostoriche utilizzabili ai fini applicativi, gli apparati cartografico-storici (soprattutto a grande e grandissima scala) si sono ritagliati un ruolo rilevante ed esclusivo nella ricostruzione dei quadri ambientali e geo-antropici del passato, e di conseguenza si è emancipata di fatto questa fonte dal mero suo valore antiquario, attribuendole anche una funzione prospettica ed un ruolo programmatico-progettuale. Ciò in quanto la si riconosce in grado di suggerire proiezioni future basate sulla sua capacità intrinseca di produrre conoscenza propedeutica per la prassi amministrativa, di cogliere e rivelare gli elementi sensibili, persistenti e permanenti nelle trame territoriali contemporanee, le invarianti strutturali da impiegare nella conservazione attiva, condivisa e partecipata del palinsesto paesaggistico.

Dalle fonti geo-storiche emergono sistemi ambientali, reti ecologiche, tipologie insediative, abitative, coltuali, tessuti agrari, assetti infrastrutturali, modelli socio-culturali, resilienze toponomastiche, da considerare e reimpiegare nei processi decisionali ed attuativi delle trasformazioni ritenute utili per la costruzione dei territori del futuro. 

In questa prospettiva le fonti geo-storiche sia testuali che iconografiche funzionano di fatto come risorse primarie per la comprensione transcalare del paesaggio da decodificare e decostruire con criteri quali-quantitativi nell’ottica di una traiettoria conoscitiva sia orizzontale che verticale che consenta la riemersione e la tutela dei valori storici memoriali ed identitari leggibili solo in filigrana nelle trame territoriali contemporanee. Le esegesi possibili da esercitarsi sulle fonti rimandano quindi al concetto di mecaniké tékne, ossia al disvelamento della loro intrinseca natura di dispositivi polisemici capaci di amplificare, rinnovare, attualizzare e proiettare nel futuro gli effetti di una semplice lettura didascalica e narrativa dei propri contenuti informativi e della propria tessitura ontologica.

La vasta gamma teorica di applicazioni e finalizzazioni possibili – cioè la concreta utilità applicativa delle varie tipologie di fonti cartografico-storiche che lo studioso ha a disposizione – può essere sinotticamente rappresentata in quattro macro-ambiti della programmazione urbanistico-territoriale contemporanea: la destinazione delle aree dismesse o problematiche lasciate all’incuria; la tutela del bio-cultural heritage; la prevenzione del rischio (ambientale e antropico); la gestione delle dinamiche geo-politiche e geo-amministrative, specie in contesti problematici, contesi o instabili.

Non più, quindi, un ruolo ancillare per le ricostruzioni geo-storiche e relative fonti, ma centrale, che sia dotato di un forte ancoraggio paradigmatico (sostenibilità), che utilizzi metodologie quali la collaborazione interdisciplinare e la visualizzazione tramite restituzione cartografica in ambiente GIS, che applichi rigorosamente il principio della critica della fonte e da cui le prassi partecipative dal basso e programmatorie dall’alto possano trarre propedeutica conoscitiva per le conseguenti azioni territorializzanti.